lunedì 8 febbraio 2016

3A - L'amore è...

Gioco

Una tovaglia molto colorata.
Molti cartoncini di colori diversi.
Tre squadre: una squadra è fatta da prede, l’altra da predatori, la terza da osservatori.

Le prede dispongono i cartoncini colorati, che rappresentano la loro prole, sulla tovaglia (il loro "ambiente") in modo che siano in qualche modo protetti. Questi "genitori" non possono intervenire per contrastare i predatori.
Entrano in scena i predatori, all'oscuro di tutto perché in attesa fuori dall'aula, ai quali si dirà che ci sono degli “oggetti” sulla tovaglia che dovranno trovare e prendere (senza devastare l’ambiente, pena l’espulsione) nel tempo di tre giri intorno al tavolo.
Alla fine si contano le catture.

Osservazioni
I "genitori" (le prede) hanno collocato i cartoncini su parti della tovaglia di colore simile, in modo che si mimetizzassero e non fossero catturati.
Nonostante ciò, quasi tutti i cartoncini sono stati presi. Solo alcuni cartoncini, di un colore praticamente identico allo sfondo, si sono salvati. Sono necessari molti cartoncini affinché se ne salvi qualcuno, visto che i genitori non possono in alcun modo difendere la prole.

Nel nostro semplice modello, le prede hanno una notevole capacità di "invasione" dell'ambiente ma anche una sostanziale instabilità: elevata prolificità ma elevata mortalità.
Le prede, con questa strategia, usano scarse cure alla prole.
Queste specie utilizzano una strategia che gli etologi chiamano strategia r. Gli individui si sviluppano rapidamente raggiungendo in tempi brevi l'età riproduttiva. Nonostante l'elevata mortalità l'elevata prolificità e il frequente ricambio generazionale sono in grado di garantire intensi ritmi di crescita.
Un'altra strategia è quella detta K.
 Le popolazioni delle specie a strategia K hanno ritmi di crescita lenti e, una volta saturata la capacità portante dell'ambiente, si assestano su un livello di equilibrio.
Le specie a strategia K sono caratterizzate da elementi che denotano una crescita demografica lenta ma sostanzialmente stabile: fertilità moderatamente bassa; ricambio generazionale differito nel tempo, con sovrapposizione di più generazioni; basso tasso di mortalità.
Gli individui si sviluppano lentamente e una volta raggiunta l'età adulta sono in grado di riprodursi per tempi relativamente lunghi, presentando una certa longevità. Il basso grado di prolificità è compensato dalla cura della prole, comportamento che riduce notevolmente la mortalità fino all'età riproduttiva. La competizione intraspecifica è limitata - almeno fra gli animali - da comportamenti che tendono a prevenirla, come ad esempio la territorialità. I fattori di controllo naturali, rappresentati dalle malattie e dagli antagonisti naturali, hanno un basso impatto, perciò tendono a mantenere costante il tasso di mortalità senza bruschi incrementi, come avviene invece nella strategia r.

RIASSUMENDO:
Le specie r-strateghe:
si riproducono presto
hanno corti tempi di generazione (tempi tra due generazioni successive)
si riproducono molte volte (lunga vita riproduttiva)
hanno molti figli a ogni riproduzione
forniscono poche cure parental
 sono opportuniste: si riproducono molto con condizioni favorevoli ma possono collassare rapidamente
Le specie K-strateghe:
si riproducono tardi
hanno lunghi tempi di generazione (tempi tra due generazioni successive)
si riproducono poche volte (corta vita riproduttiva)
hanno pochi figli a ogni riproduzione
i figli si sviluppano all'interno del corpo materno, sono piccoli, maturano lentamente e sono curati fino all'età riproduttiva da uno o due genitori

Tenuto conto delle limitazioni legate alle risorse ambientali, una specie per assicurarsi il successo quanti figli deve produrre?A quale età la femmina deve raggiungere la maturità sessuale? E’ più conveniente avere una prole numerosa o parti singoli? Quanto tempo è dedicato alle cure parentali? Qual è la durata ottimale del ciclo vitale?
La scelta della strategia R significa preferire la “quantità”: la specie impegna le proprie “energie” per mantenere alto il tasso riproduttivo con molti nati che sviluppano rapidamente: il ciclo vitale dell’individuo si esaurisce nel tempo necessario per raggiungere la maturità sessuale e riprodursi. Chi sceglie la strategia K opta per la “qualità” . I Primati sono caratterizzati da un basso tasso riproduttivo, con parto semplice. Un solo nato allattato e protetto per un lungo periodo di tempo consente al cucciolo di raggiungere la maturità nelle migliori condizioni per riprodursi a sua volta. Inoltre, il lungo periodo di apprendimento consente al cervello, attraverso l’arricchimento dei rapporti sociali, di esprimere tutte le sue potenzialità aumentando così le probabilità di sopravvivenza.

A cosa serve parlare di Strategia r-K?
Leggiamo un riassunto da D. Johansson/O. Lovejoy, Lucy - Le origini dell'umanità



Un sito tutto dedicato a Lucy, dove puoi confrontare il suo scheletro con il nostro e quello degli scimpanzè: http://elucy.org/
Un magnifico sito per confrontare gli scheletri: http://www.eskeletons.org/

ANDATURA BIPEDE E RAPPORTI FAMILIARI

Abbiamo detto che la stazione eretta non è affatto una posizione naturale. essa è una sfida alle leggi della gravità perché eleva il baricentro del corpo e lo colloca in una posizione di perenne instabilità. La stazione eretta richiede quindi, da parte dell'individuo che la possiede, una notevole spesa energetica per la ricerca continua della posizione di equilibrio. Inoltre essa implica anche una serie di rischi come ad esempio l'immobilità, o quasi, in caso di ferite o di fratture di un arto e una serie di disturbi, anche gravi, come lo schiacciamento delle vertebre, le sciatiche, le vene varicose, ecc.
E allora quali sarebbero stati i benefici derivanti da questa mutazione in grado di compensare gli inconvenienti fisiologici che devono aver tormentato l'uomo primitivo e che affliggono ancora oggi l'uomo moderno?

Il vero beneficio, secondo l'anatomista americano O. Lovejoy sarebbe rappresentato dalla possibilità di utilizzare gli arti superiori come strumenti di presa e di trasporto di oggetti di varia natura e nello stesso tempo di acquisire, grazie alla maggiore altezza, un migliore controllo del territorio.
Lovejoy ha elaborato una teoria che spiegherebbe il migliore adattamento all'ambiente che la posizione eretta avrebbe rappresentato per i progenitori della specie umana quando questi si trovarono nella savana a dover competere con le scimmie più prolifiche.
Si sa che gli organismi viventi hanno tanto più successo, nella lotta per la sopravvivenza, quanto più sono in grado di lasciare una discendenza: non si tratterebbe quindi di produrre gran numero di figli, quanto piuttosto di far in modo che ne rimanga in vita il maggior numero possibile di quelli nati e per il tempo necessario perché sia prodotta a sua volta altra prole.

Ebbene nella nostra specie, a differenza di tutti gli altri mammiferi, e quindi anche delle scimmie, la femmina non ha l'estro (con questo termine si indica quel periodo di fecondità in cui gli animali manifestano, attraverso segni esteriori evidenti, un desiderio irrefrenabile all'accoppiamento).

Tutti hanno potuto osservare i cani e i gatti nel periodo dell'estro, cioè quando, come si usa dire, sono "in calore". L'estro è una garanzia di prolificità in quanto ogni accoppiamento che avvenisse nel periodo di tempo stabilito dalla natura si concluderebbe inevitabilmente con la fecondazione delle uova e quindi con la nascita di uno o più figli.

Ma nell'uomo non è così: esso, come tutti sanno, può avere rapporti sessuali senza che questi portino necessariamente alla nascita di un figlio.
Che cosa c'entra tutto ciò con la posizione eretta? Lovejoy immagina che fra gli Ominidi che abitavano la foresta alcuni acquisirono la posizione eretta attraverso una mutazione, dopo che furono costretti a discendere dagli alberi indotti, come vedremo meglio in seguito, da una necessità dettata da cambiamenti climatici. In questi individui, appena scesi a terra, la stazione eretta era presumibilmente molto malsicura, ma andò lentamente migliorando. A questa evoluzione contribuirono alcune mutazioni fra cui, secondo Lovejoy, la comparsa di un individuo privo dell'estro.

La prima femmina senza l'estro non avrebbe dunque presentato quelle modificazioni di comportamento, tipiche degli animali "in calore", capaci di richiamare l'attenzione del maschio dominante il quale è colui che, all'interno del gruppo, feconda tutte le femmine. Questo comportamento è molto diffuso tra i mammiferi ed è la regola, ad esempio, fra i gorilla e i babbuini. Agli altri maschi del gruppo è in genere precluso l'accoppiamento, anche se, in realtà, ad alcuni di essi la cosa è consentita ma solo in periodi non fertili. Così è stato osservato ad esempio fra i babbuini.
Il fatto di non possedere l'estro dovrebbe rappresentare uno svantaggio evolutivo: la teoria evoluzionistica insegna però che un carattere può apparire svantaggioso se considerato a sé stante, ma vantaggioso se valutato insieme ad altri con i quali interagisce.

Immaginiamo allora che all'interno di un gruppo di pre-Ominidi che abitavano la foresta e che vivevano sugli alberi, ma che erano anche in grado di camminare al suolo in posizione eretta (o quasi), sia comparsa una femmina senza l'estro. Questa femmina avrebbe potuto accoppiarsi con un giovane del gruppo senza incontrare ostacoli da parte del maschio dominante in quanto quest'ultimo non si sarebbe accorto di lei proprio perché priva dell'estro. Da questi rapporti, apparentemente sterili, sarebbe potuta nascere una discendenza, e quindi altre femmine di quel tipo, cioè senza l'estro. Notare che questa situazione corrisponde ad una disponibilità sessuale continua da parte della femmina e non limitata a certi periodi come con l’estro.

Una femmina però che si fosse trovata sola a provvedere all'allevamento del piccolo, avrebbe incontrato enormi difficoltà e forse non ce l'avrebbe fatta a far sopravvivere il figlio e sé stessa. In precedenza, all'interno del gruppo, non vi erano stati di questi problemi, perché, come succede anche attualmente negli animali che vivono in comunità, tutti i componenti del gruppo erano chiamati a collaborare per l'interesse comune. A causa della situazione che si era venuta a creare dovette svilupparsi un nuovo tipo di rapporto fra i singoli componenti del gruppo; si dovette cioè instaurare, fra individui di sesso diverso, un legame personalizzato, di tipo monogamo, in cui il maschio, compensato dalla disponibilità sessuale continua, si sarebbe legato ad un'unica femmina, e precisamente a quella dalla quale aveva avuto il figlio. Forse in questo modo è nato quello che chiamiamo amore, cioè un rapporto di coppia stabile fondato su attrazioni di tipo diverso da quei comportamenti stereotipati riscontrabili negli animali che conducono vita comunitaria.

In questa particolare situazione la stazione eretta sarebbe stata di grande utilità perché avrebbe consentito di tenere in braccio i cuccioli. La liberazione delle mani dalla schiavitù della locomozione avrebbe consentito inoltre il trasporto del cibo e pertanto il bipedismo e la stazione eretta si sarebbero rivelati, alla fine, un vantaggio nella lotta per l'esistenza, perché avrebbero consentito il perfezionamento delle cure parentali e quindi in definitiva una migliore garanzia di sopravvivenza.
In conclusione, anche l’amore ha una storia “evolutiva”.

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