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venerdì 26 gennaio 2018

1A - Laboratorio di scienze

Come fa una pianta a portare l’acqua ed i sali minerali dal terreno fino alle foglie che possono essere anche a notevoli altezze da terra?
La risposta si trova nei fenomeni di osmosi, capillarità e pressione.

Nelle piante superiori esiste un sistema di  vasi conduttori attraverso i quali l’acqua e i sali minerali (linfa grezza) raggiungono le foglie dove sono sintetizzate le sostanze organiche (linfa elaborata) che sono  distribuite attraverso vasi conduttori a tutte le cellule della pianta.
Negli alberi ad alto fusto l'acqua deve percorrere distanze che possono raggiungere anche diverse decine di metri (anche oltre 100 m in quelle americane).
Immagine da http://www.professorpok.com/2017/03/sequoia-trees.html

La sequoia sempreverde (Sequoia sempervirens) è un albero della famiglia delle Cupressaceae; il nome è un omaggio a Sequoyah, nativo americano Cherokee che inventò nel 1821 il sillabario CherokeeLe sequoie della specie sempervirens sono gli alberi più alti del mondo. Nel settembre 2006 l'albero più alto del parco nazionale statunitense di Redwood (situato lungo le coste californiane dell'oceano Pacifico), Hyperion, è stato misurato in 115,55 metri.

Nelle piante non sono presenti strutture che spingono l'acqua fino alle foglie dei rami più alti ma processi chimico fisici diversi agiscono insieme per permettere la risalita dell’acqua. 

Oggi abbiamo studiato l’osmosi.
Il fenomeno dell’osmosi è di grande importanza e spiega il passaggio di materia dall’ambiente alla cellula e viceversa.
Cominciamo con qualche osservazione sulle piante.
Nei peli radicali della radice sono presenti soluzioni molto concentrate di sali minerali, più concentrate che nel terreno circostante.
L'acqua che si trova nel terreno entra nei peli radicali appunto per osmosi: infatti l'acqua del terreno, che ha pochi sali disciolti, è una soluzione meno concentrata di quella presente all'interno delle cellule. La maggior parte dei sali minerali presenti nell'acqua del terreno entra nelle cellule dei peli radicali con un meccanismo di trasporto attivo, che per il momento non spieghiamo. Quello che ne consegue è che nei peli radicali della radice si concentrano i sali minerali, con una concentrazione maggiore rispetto al terreno circostante.

Ora ragioniamo sul nostro esperimento con le nostre fette di patata, costituita da cellule vegetali (ricordiamo che la membrana cellulare non è impermeabile, ma ha dei piccoli pori):

A sinistra, soluzione concentrata con molte molecole di sale (palline rosse) disciolte in acqua (palline blu); a destra soluzione poco concentrata. In mezzo la membrana. Immagina che la parte a destra sia la fetta di patata, a sinistra l'acqua del contenitore dove abbiamo aggiunto salePensiamo che la membrana cellulare (delle cellule della patata) lasci passare solo le particelle che hanno dimensioni più piccole di quelle dei pori, cioè le particelle di acqua.

A- fetta di patata in acqua fredda di rubinetto. L’acqua è in questo caso una soluzione con pochi sali, cioè poco concentrata.

B- fetta di patata in acqua salata. L’acqua è in questo caso una soluzione molto concentrata perché abbiamo messo molto sale.

Se ho due soluzioni acquose a diversa concentrazione possiamo dire che l’acqua diffonde dalla soluzione meno salata verso quella più salata, come se cercasse di diluirla. La differenza di concentrazione di sale ai due lati del divisorio spinge le molecole d’acqua a spostarsi dalla zona a più bassa concentrazione verso la zona a più alta concentrazione per cercare di ristabilire l’equilibrio.

Quindi cos’è successo alle nostre fette di patata immerse nella soluzione di acqua e sale?
L’acqua è andata dalla soluzione meno salata verso quella più salata, come se cercasse di diluirla. Cioè va fuori dalla patata, che si impoverisce d’acqua e diventa molliccia. 
Nelle cellule della patata la membrana cellulare lascia passare l’acqua dall’interno all’esterno, dove abbiamo messo sale in abbondanza.

Cos’è successo alle nostre fette di patata immerse nella soluzione di sola acqua?
Se invece nel contenitore dove abbiamo messo la patata non c’è sale, il passaggio è nell’altro senso e la patata diventa più turgida.


Allora abbiamo capito quello che si diceva prima, e cioè che l'acqua che si trova nel terreno entra nei peli radicali per osmosi: infatti l'acqua del terreno, che ha pochi sali disciolti, è una soluzione meno concentrata di quella presente all'interno delle cellule (nell'osmosi il flusso di solvente è diretto dalla soluzione meno concentrata alla soluzione più concentrata, separata dalla prima da una membrana semipermeabile).

VIDEO

La capillarità
Esperimento della zolletta di zucchero
Abbiamo fatto una cosa simile a quella della foto a destra. Invece del caffè abbiamo usato acqua colorata di verde in un piattino. Appena si immerge la zolletta l'acqua colorata saliva fino all'estremità superiore della zolletta.


Perché?
Una zolletta di zucchero è un solido poroso che contiene minuscoli spazi vuoti. E’ per questo motivo che l'acqua colorata (o il caffè) ci mette poco tempo per risalire l’intera zolletta.
Questo accade per il fenomeno della capillarità, per cui le molecole del liquido tendono ad “aggrapparsi” a quelle del recipiente che le contengono. Lo approfondiremo la prossima volta, dopo aver analizzato anche il sedano messo nel vasetto con acqua colorata.
VIDEO


mercoledì 20 gennaio 2016

2A- Quanto zucchero?

Perché, a parità di lattina e volume di liquido (330 ml) la Coca Cola pesa di più della Coca Cola Zero?
Perché nella seconda non c'è lo zucchero!




Aggiungendo 6 zollette si pareggia il peso. 



Con 27 zollette circa si pareggia la bottiglia da 1.5 litri.


Questa etichetta di una bottiglia da 1,5 litri dice che 100 ml contengono 10,6 g di zucchero, e che 250 ml contengono 27 g. Allora 1,5 l contengono 162 g di zucchero.


sabato 10 gennaio 2015

2A- Si studia lo zucchero

In laboratorio di scienze abbiamo studiato lo zucchero. Il primo esperimento riguarda il saccarosio, il comune zucchero bianco. Il saccarosio che è un disaccaride, cioè è composto da due zuccheri più semplici detti monosaccaridi legati tra di loro. Questi due zuccheri monosaccaridi sono il glucosio e il fruttosio.
Il glucosio C6H12O6 è fatto da una catena di carboni chiusa a formare un esagono ai cui vertici si sistemano i carboni.

Il saccarosio ha due catene chiuse a formare un esagono la prima e un pentagono la seconda:




Abbiamo preso del saccarosio (zucchero di barbabietola) e lo abbiamo caramellato, cioè lo abbiamo fatto fondere (la temperatura è 185° C) mettendolo sul fuoco finché si è trasformato in un liquido dorato. Lo abbiamo fatto raffreddare e poi abbiamo rotto la massa vetrosa che si era formata.
Importante: non si devono immergere nello zucchero in cottura né cucchiaini né coltelli perché altrimenti lo zucchero granisce, cioè prima cristallizza a contatto con l’oggetto freddo e poi cristallizza tutto. Per muovere lo zucchero si deve solamente scuotere leggermente il pentolino. Ecco una sequenza della prova:



La caramellizzazione è l'ossidazione di zucchero. La reazione comporta l'eliminazione di acqua (sotto forma di vapore) e la rottura dello zucchero. Saccarosio e glucosio caramellizzano intorno a 160°C, il fruttosio intorno a 110°C. La caramellizzazione inizia con lo scioglimento dello zucchero seguite da schiumatura (ebollizione). Il saccarosio si decompone in glucosio e fruttosio. I singoli zuccheri perdono acqua e reagiscono con l'altro (secondo studi recenti non si avrebbe una fusione dello zucchero, ma una decomposizione). Si formano nuovi composti aromatici con una gamma di sapori complessi.

mercoledì 21 dicembre 2011

Dolci esperimenti

Oggi abbiamo studiato gli zuccheri. Conosciamo il saccarosio che è un disaccaride, cioè è composto da due zuccheri più semplici detti monosaccaridi legati tra di loro. Questi due zuccheri monosaccaridi sono il glucosio e il fruttosio.
Il glucosio C6H12O6 è fatto da una catena di carboni chiusa a formare un esagono ai cui vertici si sistemano i carboni.

Il saccarosio ha due catene chiuse a formare un esagono la prima e un pentagono la seconda:




Abbiamo preso del saccarosio (zucchero di barbabietola) e lo abbiamo caramellato, cioè lo abbiamo fatto fondere (la temperatura è 185° C) mettendolo sul fuoco finché si è trasformato in un liquido dorato. Lo abbiamo fatto raffreddare e poi abbiamo rotto la massa vetrosa che si era formata. Buonissimo!
Importante: non si devono immergere nello zucchero in cottura né cucchiaini né coltelli perché altrimenti lo zucchero granisce, cioè prima cristallizza a contatto con l’oggetto freddo e poi cristallizza tutto. Per muovere lo zucchero si deve solamente scuotere leggermente il pentolino.