Nel Medioevo venivano usati due tipi di inchiostri neri: il nerofumo (una sospensione ottenuta con carbone, acqua e gomma arabica) e l’inchiostro ferro-gallico (ottenuto dalle galle di quercia).
Il nerofumo è stato impiegato sin dal 2500 a.C., mentre l’inchiostro ferro-gallico a partire dal terzo secolo. Prepariamolo.
Materiali
Galle di quercia
Solfato ferroso FeSO4
Gomma Arabica
Acqua
Studiamo i componenti della nostra ricetta.
Le galle sono delle escrescenze che si trovano sulle foglie, le gemme, i fiori o le radici delle piante. Sono prodotte da un insetto (cipinide) che deposita un uovo nel tessuto vegetale giovane. La galla cresce intorno alla larva, che si nutre e sviluppa all’interno.
La composizione chimica delle galle varia. La galla di ghianda di quercia contiene il 45-50% di acido tannico.
Il solfato ferroso o copparosa veniva estratto facendo evaporare l’acqua dai terreni ferrosi. Più tardi venne prodotta aggiungendo l’acido solforico ai chiodi di ferro. Noi abbiamo utilizzato il solfato ferroso per uso agricolo (Attenzione! Sostanza nociva).
L’acqua
L’acqua di rubinetto può contenere sostanze come il cloro che possono alterare la qualità dell’inchiostro. Meglio usare acqua distillata.
La gomma arabica
La gomma arabica, una gomma naturale estratta dagli alberi di acacia ed utilizzata in alcuni cibi come stabilizzante, conserva la qualità dell’inchiostro:
mantiene in sospensione il pigmento, rende più
viscoso l’inchiostro e riduce la velocità con la quale l’inchiostro viene assorbito dalla carta.
Procedimento
Sminuzzare le galle e macinarle in un macinino da caffé.
Mettere le galle macinate in un becker ed aggiungere l’acqua.
Lasciar fermentare il miscuglio per 3 giorni, a temperatura ambiente, in un angolo soleggiato.
Durante il processo fermentativo, le galle rilasciano l’enzima tannasi dall’Aspergillus niger e dal Penicillum glaucum, funghi che si trovano nelle galle.
Nel giro di 3 giorni, la tannasi trasforma l’acido gallotannico in acido gallico e glucosio. Dopo che le galle sono state sminuzzate, ci sono due step chimici: la fermentazione, con la trasformazione dell’acido gallotannico in acido gallico, e la formazione del pigmento dell’inchiostro.
Filtrare la miscela ed aggiungere il solfato ferroso alla soluzione.
Mescolare bene e lasciar riposare per 3 giorni.
Aggiungere la gomma arabica, mescolare la miscela, ed ecco l’inchiostro.
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giovedì 21 dicembre 2017
2A - INCHIOSTRO FERRO-GALLICO
lunedì 18 dicembre 2017
2A- Correzione verifica di chimica
Costruiamo gli atomi:
https://phet.colorado.edu/sims/html/build-an-atom/latest/build-an-atom_it.html
https://phet.colorado.edu/sims/html/build-an-atom/latest/build-an-atom_it.html
martedì 12 dicembre 2017
2A- CLIL: Chemistry
Il termine CLIL è l’acronimo di Content and Language Integrated Learning, apprendimento integrato di contenuti disciplinari in lingua straniera.
Hydrogen
The chemical symbol of hydrogen is H. It is an element with
atomic number 1, this means that 1 proton is found in the
nucleus of hydrogen.
Hydrogen is the lightest, simplest and most commonly found
chemical element in the Universe, making up around 75% of
its mass.
Hydrogen is found in large amounts in giant gas planets and
stars.
Hydrogen is one of two important elements found in water
(H2O). Each molecule of water is made up of two hydrogen
atoms bonded to one oxygen atom.
Structure of the Atom
At the center of the atom is the nucleus, made up of the protons and neutrons. The electrons spin in orbits around the outside of the nucleus.
The Proton
The proton is a positively charged particle that is located at the center of the atom in the nucleus.
The hydrogen atom has a single proton and no neutron in its nucleus.
The Electron
The electron is a negatively charged particle that spins around the outside of the nucleus. You can never be 100% sure where they are located, but scientists can make estimates of where electrons should be.
There are the same number of electrons and protons in an atom, so the atom is said to have a neutral charge.
Electrons are much smaller than neutrons and protons. About 2000 times smaller!
The Neutron
The neutron doesn't have any charge.
Other particles
Quark
The quark is a really small particle that makes up neutrons and protons. They were discovered in 1964. There are 6 types of quarks.
Neutrino
Neutrinos are formed by nuclear reactions. They are like electrons without any charge and are usually travelling at the speed of light.
adattato da http://www.ducksters.com/science/the_atom.php
A link about an experiment you can do at home:
Questions
1-Which is the chemical symbol of hydrogen? ...
2-The atomic number of H is 1. ☐ FALSE ☐ TRUE
3-Where is hydrogen found in large amounts?
4-How many hydrogen atoms are there in a molecule of water?
5- Where do the electrons spin in an atom?
6- Are electrons bigger or smaller than neutrons and protons?
giovedì 30 novembre 2017
2A - Chimica
1- Conclusione esperimento della settimana scorsa
Controllo della paglietta di ferro lasciata sul davanzale della finestra (la scuotiamo e raccogliamo su un piattino) con il microscopio:
Controllo della paglietta di ferro lasciata sul davanzale della finestra (la scuotiamo e raccogliamo su un piattino) con il microscopio:
Ci sono alcuni fili di ferro e scaglie di ruggine. La ruggine (un insieme di ossidi di ferro) è un processo di corrosione dei materiali ferrosi. La formula chimica della reazione è: 3Fe + 4H2O → Fe3O4 + 4H2.
2- Miscugli e composti
Si ha un composto quando due o più atomi diversi si legano insieme chimicamente, come acqua o metano. Un miscuglio invece è una miscela in cui le singole sostanze componenti restano separate, anche se vengono mischiate e che sono separabili con mezzi fisici semplici.
Abbiamo preparato un miscuglio di sale e sabbia:
Possiamo separare nuovamente sabbia e sale? Aida ha suggerito di mettere dell'acqua:
domenica 26 novembre 2017
2A - Chimica: le reazioni
In laboratorio abbiamo eseguito alcune semplici reazioni:

Abbiamo poi predisposto altre due prove i cui risultati saranno discussi la prossima volta:
Infine, a conclusione dello studio sui nutrienti, abbiamo eseguito il test di Fehling:

Il bilanciamento di una reazione chimica consiste nell’introdurre davanti alle formule di reagenti e prodotti un opportuno fattore che renda il numero di atomi dei reagenti uguale a quello dei prodotti.


Abbiamo poi predisposto altre due prove i cui risultati saranno discussi la prossima volta:

Infine, a conclusione dello studio sui nutrienti, abbiamo eseguito il test di Fehling:

Il bilanciamento di una reazione chimica consiste nell’introdurre davanti alle formule di reagenti e prodotti un opportuno fattore che renda il numero di atomi dei reagenti uguale a quello dei prodotti.

venerdì 22 settembre 2017
3A - Modelli di molecole
Metano, formula di struttura e modello ball-and-stick:
Formule di struttura di etano e propano:
Modellini ball-and-stick di etano e propano:
Formule di struttura di etano e propano:
Modellini ball-and-stick di etano e propano:
mercoledì 28 ottobre 2015
2A - Solfuro ferroso
Abbiamo preparato ferro (Fe) e zolfo (S) avendo cura di pesare 7 parti di Fe e 4 di S. Poi abbiamo messo il miscuglio in una provetta e l'abbiamo scaldata per qualche minuto. Abbiamo fatto raffreddare e poi abbiamo rovesciato la provetta facendo cadere un solido grigio scuro nel quale né la limatura di Fe né lo S erano visibili.
La reazione eseguita è una reazione di sintesi:
Fe + S --> FeS
A partire dai reagenti Fe e S abbiamo ottenuto il composto FeS.
La reazione eseguita è una reazione di sintesi:
Fe + S --> FeS
A partire dai reagenti Fe e S abbiamo ottenuto il composto FeS.
Dobbiamo provare anche queste altre reazione: http://bredainrete.blogspot.it/2011/12/lesperimento-con-la-paglietta-nella.html e http://bredainrete.blogspot.it/2011/09/anidride-solforosa.html.
venerdì 16 gennaio 2015
2A - Saggio di Fehling
Oggi in laboratorio ricerca degli zuccheri usando la soluzione di Fehling, che, riscaldata in presenza di zuccheri, diventa da blu arancione (ad eccezione del saccarosio).
Abbiamo testato:
succo di pesca (filtrato), latte intero (cagliato con aggiunta di aceto e filtrato), soluzione di zucchero bianco(saccarosio) in acqua, soluzione in acqua di dolcificante con lattosio ed aspartame, succo ricavato schiacciando la polpa di una mela golden.
Per fare il test abbiamo usato 2 cc ottenuti mescolando in una provetta 1cc di Fehling A ed 1 cc di Fehling B, unendo il preparato a un'altra provetta con il liquido da testare.
Abbiamo immerso quest'ultima in acqua molto calda. In tutte le provette la soluzione era, prima dell'immersione, blu.
Qualche istante dopo l'immersione tutte le soluzioni, ad eccezione di quella di saccarosio, sono diventate arancio o rossastre.
Allyson ha proposto di verificare cosa succede con la stevia. Abbiamo deciso di testare anche il miele e qualche bibita. Alessandro ha voluto vedere cosa succede al reattivo di Fehling riscaldato senza l'aggiunta di nessun'altra sostanza: è rimasto blu.
Approfondimento
Il reattivo di Fehling è un reagente sviluppato dal chimico tedesco Hermann von Fehling nel 1848. Con questo test si può misurare la concentrazione dello zucchero (in passato la concentrazione di glucosio nel sangue o nelle urine è stata valutata con questo metodo per diagnosticare il diabete mellito).
Il saggio di Fehling consiste nell'aggiunta alla soluzione acquosa di un carboidrato di quantità esattamente uguali di Fehling A e Fehling B; Il primo (A) è costituito da solfato rameico pentaidrato (CuSO4·5 H2O) (69,278 g/l di soluzione); il secondo (B) è costituito da tartrato di sodio e potassio (sale di Seignette) + NaOH (idrossido di sodio): 346g + 100g di NaOH/l di soluzione. Si scalda anche a bagnomaria e la comparsa di un caratteristico precipitato rosso mattone in presenza del carboidrato in esame. Il precipitato è ossido rameoso.
Abbiamo testato:
succo di pesca (filtrato), latte intero (cagliato con aggiunta di aceto e filtrato), soluzione di zucchero bianco(saccarosio) in acqua, soluzione in acqua di dolcificante con lattosio ed aspartame, succo ricavato schiacciando la polpa di una mela golden.
Per fare il test abbiamo usato 2 cc ottenuti mescolando in una provetta 1cc di Fehling A ed 1 cc di Fehling B, unendo il preparato a un'altra provetta con il liquido da testare.
Abbiamo immerso quest'ultima in acqua molto calda. In tutte le provette la soluzione era, prima dell'immersione, blu.
Qualche istante dopo l'immersione tutte le soluzioni, ad eccezione di quella di saccarosio, sono diventate arancio o rossastre.
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Succo di frutta (pesca) |
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Latte intero |
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Saccarosio |
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Soluzione di dolcificante con fruttosio ed aspartame |
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Succo di mela preparato dal frutto |
Approfondimento
Il reattivo di Fehling è un reagente sviluppato dal chimico tedesco Hermann von Fehling nel 1848. Con questo test si può misurare la concentrazione dello zucchero (in passato la concentrazione di glucosio nel sangue o nelle urine è stata valutata con questo metodo per diagnosticare il diabete mellito).
Il saggio di Fehling consiste nell'aggiunta alla soluzione acquosa di un carboidrato di quantità esattamente uguali di Fehling A e Fehling B; Il primo (A) è costituito da solfato rameico pentaidrato (CuSO4·5 H2O) (69,278 g/l di soluzione); il secondo (B) è costituito da tartrato di sodio e potassio (sale di Seignette) + NaOH (idrossido di sodio): 346g + 100g di NaOH/l di soluzione. Si scalda anche a bagnomaria e la comparsa di un caratteristico precipitato rosso mattone in presenza del carboidrato in esame. Il precipitato è ossido rameoso.
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Hermann von Fehling |
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mercoledì 12 novembre 2014
1A- L'amido
L'amido è un composto contenuto in pane, pasta, riso, patate, caratterizzato da un gran numero di unità di glucosio polimerizzate, cioè unite a formare un polimero, una lunga catena fatta di tante unità di glucosio (che possono variare da qualche centinaio fino ad alcune migliaia).
L'amido è il carboidrato di riserva delle piante, immagazzinato come fonte energetica, prodotto a partire dal glucosio (C6H12O6), a sua volta sintetizzato dalla fotosintesi clorofilliana:
6 CO2 + 6 H2O + luce + clorofilla → C6H12O6 + 6 O2
(che vuol dire anidride carbonica e acqua in presenza di luce e clorofilla si trasformano in glucosio ed ossigeno)
Noi lo abbiamo visto al microscopio dopo aver preparato dei vetrini con un po' di polpa di patata a cui abbiamo aggiunto una goccia di tintura di iodio. Anche un chicco di riso cotto e schiacciato mostrava al microscopio i tipici granuli di amido.
La clorofilla è il pigmento verde contenuto nelle foglie.
L'amido è il carboidrato di riserva delle piante, immagazzinato come fonte energetica, prodotto a partire dal glucosio (C6H12O6), a sua volta sintetizzato dalla fotosintesi clorofilliana:
6 CO2 + 6 H2O + luce + clorofilla → C6H12O6 + 6 O2
(che vuol dire anidride carbonica e acqua in presenza di luce e clorofilla si trasformano in glucosio ed ossigeno)
Noi lo abbiamo visto al microscopio dopo aver preparato dei vetrini con un po' di polpa di patata a cui abbiamo aggiunto una goccia di tintura di iodio. Anche un chicco di riso cotto e schiacciato mostrava al microscopio i tipici granuli di amido.
La clorofilla è il pigmento verde contenuto nelle foglie.
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2A- Scriviamo con l'inchiostro ferrogallico
Ecco le firme dei copisti della 2A:
Prima della diffusione della stampa l'amanuense (chiamato anche copista) era chi, per mestiere, ricopiava manoscritti.
Nell'antichità classica la professione di amanuense era esercitata dagli schiavi. Dall'Alto Medioevo fu coltivata soprattutto in centri religiosi come le abbazie. A volte non c'è un unico copista ad eseguire il lavoro di riproduzione di un testo.
Il monaco benedettino copiava nella sua cella seduto con il codice sulle ginocchia, a volte usando una tavola di legno come appoggio. Solo più avanti, nel Basso Medioevo, si usavano un leggio o un tavolo.
La parola amanuense deriva dal latino servus a manu, il temine con cui i romani chiamavano gli scribi. I monaci amanuensi vivevano molte ore della giornata nello scriptorium; a loro veniva permesso di saltare alcune ore canoniche di preghiera.
Ecco come nel best seller Il nome della rosa [Bompiani, Milano, 1980, pp. 79-91] lo scrittore Umberto Eco descrive lo scriptorium:
... lo scriptorium ... si offriva quindi ai miei sguardi in tutta la sua spaziosa immensità. Le volte, curve e non troppo alte (meno che in una chiesa, più tuttavia che in ogni altra sala capitolare che mai vidi), sostenute da robusti pilastri, racchiudevano uno spazio soffuso di bellissima luce, perché tre enormi finestre si aprivano su ciascun lato maggiore, mentre cinque finestre minori traforavano ciascuno dei cinque lati esterni di ciascun torrione; otto finestre alte e strette, infine, lasciavano che la luce entrasse anche dal pozzo ottagonale interno.
L’abbondanza di finestre faceva sì ché la gran sala fosse allietata da una luce continua e diffusa, anche se si era in un pomeriggio d’inverno. Le vetrate non erano colorate come quelle delle chiese, e i piombi di riunione fissavano riquadri di vetro incolore, perché la luce entrasse nel modo più puro possibile, non modulata dall’arte umana, e servisse al suo scopo, che era di illuminare il lavoro della lettura e della scrittura. ... mi sentii pervaso di grande consolazione e pensai quanto dovesse essere piacevole lavorare in quel luogo. Quale apparve ai miei occhi, in quell’ora meridiana, esso mi sembrò un gioioso opificio di sapienza.
Vidi poi in seguito a San Gallo uno scriptorium di simili proporzioni, separato dalla biblioteca (in altri luoghi i monaci lavoravano nel luogo stesso dove erano custoditi i libri), ma non come questo bellamente disposto. Antiquarii, librarii, rubricatori e studiosi stavano seduti ciascuno al proprio tavolo, un tavolo sotto ciascuna delle finestre. E siccome le finestre erano quaranta (numero veramente perfetto dovuto alla decuplicazione del quadragono, come se i dieci comandamenti fossero stati magnificati dalle quattro virtù cardinali) quaranta monaci avrebbero potuto lavorare all’unisono, anche se in quel momento erano appena una trentina. Severino ci spiegò che i monaci che lavoravano allo scriptorium erano dispensati dagli uffici di terza, sesta e nona per non dover interrompere il loro lavoro nelle ore di luce, e arrestavano le loro attività solo al tramonto, per vespro. I posti più luminosi erano riservati agli antiquarii, gli alluminatori più esperti, ai rubricatori e ai copisti. Ogni tavolo aveva tutto quanto servisse per miniare e copiare: corni da inchiostro, penne fini che alcuni monaci stavano affinando con un coltello sottile, pietrapomice per rendere liscia la pergamena, regoli per tracciare le linee su cui si sarebbe distesa la scrittura. Accanto a ogni scriba, o al culmine del piano inclinato di ogni tavolo, stava un leggio, su cui posava il codice da copiare, la pagina coperta da mascherine che inquadravano la linea che in quel momento veniva trascritta. E alcuni avevano inchiostri d’oro e di altri colori. Altri invece stavano solo leggendo libri, e trascrivevano appunti su loro privati quaderni o tavolette. ...
I manoscritti medievali sono alla base delle nostre edizioni moderne.
Studiare le opere classiche trasmesse attraverso i manoscritti significa confrontare ogni copia manoscritta conservata perché solo in rarissimi casi sono sopravvissuti gli originali.
Le opere che si leggono a scuola sono state ricostruite a partire dal confronto tra manoscritti conservati in biblioteche ed archivi. Naturalmente le copie non erano esenti da errori. Una leggenda attribuisce a un diavoletto, chiamato Titivillus, la responsabilità di questi errori.
Guarda qualche immagine tratta da codici antichi.
Le prime due sono l'ultima terzina dell'Inferno di Dante Alighieri, e la prima terzina dello stesso. La prima è la scrittura di Giovanni Boccaccio, un altro importante autore italiano, l'autore del Decameron. La seconda è una copia fatta dal Maestro Galvano. Ci sino altri manoscritti, il cui elenco si può vedere sul sito www.danteonline.it
Trascrizione:
Arithmetica et disciplina numerorum. Graeci enim numerum ἀριθμόν dicunt. Quam scriptores saecularium litterarum inter disciplinas mathematicas ideo primam esse voluerunt, quoniam ipsa ut sit nullam aliam indiget disciplinam.
Traduzione:
L’aritmetica è la disciplina dei numeri. I Greci chiamano il numero aritmon. Gli scrittori di materie secolari hanno voluto che fosse la prima tra le discipline matematiche proprio perché essa non necessita di altre discipline. Invece la musica, la geometria e l’astronomia, che seguono, hanno bisogno del suo aiuto per esistere.
Questo libro, le Etymologiae, può essere considerata la prima Enciclopedia della cultura occidentale. Fu redatta dal sapiente Isidoro di Siviglia, morto nel 636, sul finir della sua vita. Il titolo spiega il metodo metodo utilizzato da Isidoro per insegnare: spiegare il significato di una parola attraverso la comprensione della sua etimologia. E' suddivisa in venti libri in cui sono elencate parole che condensano la conoscenza umana del tempo di Isidoro. Per gran parte del Medioevo, è stato il testo più utilizzato per fornire un'istruzione educativa.
Per finire, ecco qualche disegno tratto da una raccolta di "scarabocchi" che i copisti facevano a margine dei testi che copiavano ( o forse sono pasticci aggiunti successivamente):
Sono stati raccolti e catalogati da uno storico del medioevo, Erik Kwakkel, che li chiama i doodles dell'antichità.
Il monaco benedettino copiava nella sua cella seduto con il codice sulle ginocchia, a volte usando una tavola di legno come appoggio. Solo più avanti, nel Basso Medioevo, si usavano un leggio o un tavolo.
La parola amanuense deriva dal latino servus a manu, il temine con cui i romani chiamavano gli scribi. I monaci amanuensi vivevano molte ore della giornata nello scriptorium; a loro veniva permesso di saltare alcune ore canoniche di preghiera.
Ecco come nel best seller Il nome della rosa [Bompiani, Milano, 1980, pp. 79-91] lo scrittore Umberto Eco descrive lo scriptorium:
... lo scriptorium ... si offriva quindi ai miei sguardi in tutta la sua spaziosa immensità. Le volte, curve e non troppo alte (meno che in una chiesa, più tuttavia che in ogni altra sala capitolare che mai vidi), sostenute da robusti pilastri, racchiudevano uno spazio soffuso di bellissima luce, perché tre enormi finestre si aprivano su ciascun lato maggiore, mentre cinque finestre minori traforavano ciascuno dei cinque lati esterni di ciascun torrione; otto finestre alte e strette, infine, lasciavano che la luce entrasse anche dal pozzo ottagonale interno.
L’abbondanza di finestre faceva sì ché la gran sala fosse allietata da una luce continua e diffusa, anche se si era in un pomeriggio d’inverno. Le vetrate non erano colorate come quelle delle chiese, e i piombi di riunione fissavano riquadri di vetro incolore, perché la luce entrasse nel modo più puro possibile, non modulata dall’arte umana, e servisse al suo scopo, che era di illuminare il lavoro della lettura e della scrittura. ... mi sentii pervaso di grande consolazione e pensai quanto dovesse essere piacevole lavorare in quel luogo. Quale apparve ai miei occhi, in quell’ora meridiana, esso mi sembrò un gioioso opificio di sapienza.
Vidi poi in seguito a San Gallo uno scriptorium di simili proporzioni, separato dalla biblioteca (in altri luoghi i monaci lavoravano nel luogo stesso dove erano custoditi i libri), ma non come questo bellamente disposto. Antiquarii, librarii, rubricatori e studiosi stavano seduti ciascuno al proprio tavolo, un tavolo sotto ciascuna delle finestre. E siccome le finestre erano quaranta (numero veramente perfetto dovuto alla decuplicazione del quadragono, come se i dieci comandamenti fossero stati magnificati dalle quattro virtù cardinali) quaranta monaci avrebbero potuto lavorare all’unisono, anche se in quel momento erano appena una trentina. Severino ci spiegò che i monaci che lavoravano allo scriptorium erano dispensati dagli uffici di terza, sesta e nona per non dover interrompere il loro lavoro nelle ore di luce, e arrestavano le loro attività solo al tramonto, per vespro. I posti più luminosi erano riservati agli antiquarii, gli alluminatori più esperti, ai rubricatori e ai copisti. Ogni tavolo aveva tutto quanto servisse per miniare e copiare: corni da inchiostro, penne fini che alcuni monaci stavano affinando con un coltello sottile, pietrapomice per rendere liscia la pergamena, regoli per tracciare le linee su cui si sarebbe distesa la scrittura. Accanto a ogni scriba, o al culmine del piano inclinato di ogni tavolo, stava un leggio, su cui posava il codice da copiare, la pagina coperta da mascherine che inquadravano la linea che in quel momento veniva trascritta. E alcuni avevano inchiostri d’oro e di altri colori. Altri invece stavano solo leggendo libri, e trascrivevano appunti su loro privati quaderni o tavolette. ...
I manoscritti medievali sono alla base delle nostre edizioni moderne.
Studiare le opere classiche trasmesse attraverso i manoscritti significa confrontare ogni copia manoscritta conservata perché solo in rarissimi casi sono sopravvissuti gli originali.
Le opere che si leggono a scuola sono state ricostruite a partire dal confronto tra manoscritti conservati in biblioteche ed archivi. Naturalmente le copie non erano esenti da errori. Una leggenda attribuisce a un diavoletto, chiamato Titivillus, la responsabilità di questi errori.
Guarda qualche immagine tratta da codici antichi.
Le prime due sono l'ultima terzina dell'Inferno di Dante Alighieri, e la prima terzina dello stesso. La prima è la scrittura di Giovanni Boccaccio, un altro importante autore italiano, l'autore del Decameron. La seconda è una copia fatta dal Maestro Galvano. Ci sino altri manoscritti, il cui elenco si può vedere sul sito www.danteonline.it
Trascrizione:
Salimmo suso el primo (et) io secondo
tanto chio uidi delle cose belle
che porta il ciel p(er) un p(er)tugio tondo
Et quindi uscimmo ad riueder le stelle
Trascrizione:
Nel meço del camin de nostra uita
Me ritrouai per una selua scura
Che la drita uia era smarita
Questa invece è l'immagine di una pergamena conservata nel Monastero di San Gallo in Svizzera. E' una copia eseguita verso l'880-890 dei libri I-X delle Etymologiae di Isidoro di Siviglia († 636). Tutte le informazioni sono sul sito http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0231
Arithmetica et disciplina numerorum. Graeci enim numerum ἀριθμόν dicunt. Quam scriptores saecularium litterarum inter disciplinas mathematicas ideo primam esse voluerunt, quoniam ipsa ut sit nullam aliam indiget disciplinam.
Traduzione:
L’aritmetica è la disciplina dei numeri. I Greci chiamano il numero aritmon. Gli scrittori di materie secolari hanno voluto che fosse la prima tra le discipline matematiche proprio perché essa non necessita di altre discipline. Invece la musica, la geometria e l’astronomia, che seguono, hanno bisogno del suo aiuto per esistere.
Questo libro, le Etymologiae, può essere considerata la prima Enciclopedia della cultura occidentale. Fu redatta dal sapiente Isidoro di Siviglia, morto nel 636, sul finir della sua vita. Il titolo spiega il metodo metodo utilizzato da Isidoro per insegnare: spiegare il significato di una parola attraverso la comprensione della sua etimologia. E' suddivisa in venti libri in cui sono elencate parole che condensano la conoscenza umana del tempo di Isidoro. Per gran parte del Medioevo, è stato il testo più utilizzato per fornire un'istruzione educativa.
Per finire, ecco qualche disegno tratto da una raccolta di "scarabocchi" che i copisti facevano a margine dei testi che copiavano ( o forse sono pasticci aggiunti successivamente):
Sono stati raccolti e catalogati da uno storico del medioevo, Erik Kwakkel, che li chiama i doodles dell'antichità.
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