PAOLO
Il genoma è l’insieme del patrimonio genetico che caratterizza ogni organismo vivente. Le informazioni genetiche risiedono nella sequenza del DNA (contenuto nel nucleo delle cellule sotto forma di cromosomi), la quale risulta dalla disposizione lineare di quattro molecole differenti, i nucleotidi o basi. Le sequenze dei nucleotidi sono i geni, che contengono l’informazione completa e specifica per una certa proprietà. Si stima che nel genoma umano siano presenti circa 50.000 geni.
Il sequenziamento del DNA è un’importante tecnica che permette di stabilire la sequenza delle basi di una molecola di DNA e che si basa sull’utilizzo di nucleosidi modificati artificialmente. Come abbiamo già visto, i desossiribonucleosidi trifosfati (dNTP) che costituiscono il normale substrato per la duplicazione del DNA contengono lo zucchero desossiribosio.Sequenziamento automatico
Nel caso del sequenziamento automatico la sequenza nucleotidica del frammento di interesse può essere ricostruita da un computer. Il sequenziamento di un frammento di DNA con 500 basi azotate dura poco più di mezz’ora.
Gli esperimenti di genetica del futuro potranno essere non solo fatti su colture cellulari o su animali o umani ma anche sul silicio.
ELISA
Il teleriscaldamento a Sesto
Grazie ai lavori di potenziamento della rete di teleriscaldamento fatti con la collaborazione di A2A, Sesto è diventata la città più teleriscaldata d’Italia se si guarda il rapporto tra la diffusione della rete e la popolazione interessata. Più dell’80% del territorio è coperto e oltre 60.000 residenti serviti (su circa 80.000) Sesto rientra così ampiamente nei parametri previsti dal Protocollo di Kyoto.
CHRISTIAN
A 80 anni dalle leggi razziali nel dibattito pubblico si parla ancora di razze umane: c’è chi ne giustifica l’utilizzo perché il termine è presente nella carta costituzionale. Un gruppo di studiosi discute se sia opportuno eliminare la parola “razza” dall’Articolo 3 della Costituzione. Oggi infatti la comunità scientifica concorda nel ritenere che il concetto di “razza umana” sia biologicamente infondato. Ma forse il problema vero, su cui tanto la scienza quanto la politica devono interrogarsi, non è il fondamento biologico del concetto di razza, bensì il fondamento biologico del razzismo.
Il 5 agosto 1938 usciva il Manifesto della razza, firmato da un gruppo di studiosi fascisti sotto l’egida del ministro della cultura popolare, in cui veniva stabilito che le razze umane esistono, compresa la “pura razza italiana”, che gli ebrei non appartengono alla “razza italiana”, e che la razza è un concetto puramente biologico. Oggi, a 80 anni dalle leggi razziali in Italia, ancora ci troviamo a discutere di razze umane nel dibattito politico.
L’ideologia razzista ha sempre preteso di trovare il suo fondamento in un concetto biologico di razza.
Nel 1758 Linneo nel suo Systema naturae scrive che la specie Homo sapiens è costituita da diversi sottogruppi, o razze: europeus, asiaticus, americanus, afer (africani), monstruosus e ferus (uomini selvaggi). Altri attribuiscono all’influenza dell’ambiente le ragioni di questa diversità morfologica e culturale; inoltre, distribuisce su una scala gerarchica le caratteristiche morfologiche, intellettive e culturali, collocando in alto i bianchi e in basso i neri. Intorno alla fine del ‘700 la gerarchia tra razze diventa una teoria ritenuta scientifica e nel 1852 Joseph Arthur de Gobineau pubblica il saggio sulla disuguaglianza delle razze umane.
Nel 1859 Charles Darwin pubblica L’origine delle specie.
Darwin dimostra che le specie viventi non sono essenze fisse e immutabili, ma popolazioni di individui che variano nel tempo e che trasmettono alcune di queste variazioni alla loro discendenza. Non ci sono specie migliori o peggiori di altre, ciascuna tende ad adattarsi a un ambiente anch’esso mutevole. Nel 1871, nell’Origine dell’uomo, Darwin fa riferimento alle “cosiddette razze” umane, sostenendo che l’uomo forma una sola e unica specie; e queste stesse convinzioni risiedevano alla base della battaglia morale che Darwin combatté per l’abolizione della schiavitù.
Le classificazioni fatte nei secoli precedenti erano basate sull’osservazione di dati morfologici, come il colore della pelle.
Nel 1953 viene scoperta la molecola di DNA e nella seconda metà del ‘900 i metodi della genetica di popolazioni vengono applicati alle popolazioni umane.
La comunità scientifica di genetisti e antropologi oggi concorda in modo pressoché unanime nell’asserire che il concetto di razza umana sia del tutto infondato, il dato genetico parla chiaro: ognuno di noi condivide il 99,9% del patrimonio genetico con qualsiasi individuo umano. Questo perché negli ultimi 200.000 anni le popolazioni di Homo sapiens partendo dall’Africa si sono spostate in nuovi ambienti e si sono accoppiate tra loro, rimescolando ogni volta il corredo genetico. Le differenze che osserviamo oggi, colore della pelle, dei capelli e degli occhi, capacità o incapacità di digerire il lattosio, vanno ricercate in quel misero 0,01%. Non poi così misero se si considera che il genoma umano è composto da più di 3 miliardi di coppie di basi azotate (parliamo quindi di più di 3 milioni di potenziali differenze). Inoltre, quello 0,01% di differenze è distribuito in modo tale che ciascuna popolazione umana ospita in media l’88% della variabilità dell’intera specie. E se prendiamo due persone qualsiasi, provenienti da due qualsiasi aree geografiche della Terra, troviamo che le differenze genetiche tra di loro sono troppo poche per poter stabilire l’esistenza di raggruppamenti genetici tali da identificare razze umane diverse.
GIUSEPPINO
MATTEO
L'esperimento di Oersted, fu il primo esperimento a dimostrare una correlazione tra la corrente elettrica e il campo magnetico.
Si avvicina una bussola ad un filo elettrico disposto lungo la direzione nord-sud in cui scorre corrente; come chiudo il circuito l'ago magnetico della bussola devia la propria direzione. Si conclude che un conduttore percorso da cariche elettriche in movimento genera nello spazio circostante un campo magnetico. Cioè, se la bussola ha mutato il proprio orientamento legato alla direzione del campo magnetico terrestre, è perché è comparso un altro campo magnetico più intenso di quello terrestre e questo campo magnetico è stato prodotto dalla corrente elettrica. L’esperienza di Oersted fu il primo passo per arrivare alla conclusione che il campo elettrico e il campo magnetico sono manifestazioni di un unico campo detto elettromagnetico.
Può invece un campo magnetico generare una corrente elettrica?
Muoviamo rapidamente una calamita dentro una bobina collegata a una lampadina: questa si accende. La corrente non è creata da una pila o da una batteria, ma dal movimento della calamita (dinamo). All’interno della bobina, il campo magnetico della calamita diventa intenso quando la calamita è vicina e ritorna debole quando essa è lontana.
Muoviamo rapidamente una calamita dentro una bobina collegata a una lampadina: questa si accende. La corrente non è creata da una pila o da una batteria, ma dal movimento della calamita (dinamo). All’interno della bobina, il campo magnetico della calamita diventa intenso quando la calamita è vicina e ritorna debole quando essa è lontana.
Un campo magnetico che varia genera una corrente indotta.
Prima dell'invenzione della dinamo, l'unico modo di produrre corrente elettrica era tramite pile e batterie, metodi molto costosi e poco efficienti.
Nel 1831, Michael Faraday notò che un conduttore, spostandosi all'interno di un campo magnetico, produceva corrente elettrica. La prima dinamo basata sui principi di Faraday fu costruita nel 1860 in Italia da Antonio Pacinotti. Nel 1870, l'accoppiamento della dinamo alla turbina idraulica diede avvio alla produzione commerciale di energia elettrica. Ciò diede impulso nei seguenti anni della seconda rivoluzione industriale alla ricerca sugli utilizzi pratici dell'elettricità, i cui capofila furono Thomas Alva Edison e Nikola Tesla.
Prima dell'invenzione della dinamo, l'unico modo di produrre corrente elettrica era tramite pile e batterie, metodi molto costosi e poco efficienti.
Nel 1831, Michael Faraday notò che un conduttore, spostandosi all'interno di un campo magnetico, produceva corrente elettrica. La prima dinamo basata sui principi di Faraday fu costruita nel 1860 in Italia da Antonio Pacinotti. Nel 1870, l'accoppiamento della dinamo alla turbina idraulica diede avvio alla produzione commerciale di energia elettrica. Ciò diede impulso nei seguenti anni della seconda rivoluzione industriale alla ricerca sugli utilizzi pratici dell'elettricità, i cui capofila furono Thomas Alva Edison e Nikola Tesla.
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