giovedì 30 maggio 2013

Fotostoria di Homo sapiens e un riassunto

Rift Valley: veniamo da qui

Rift Valley
Scheletri a confronto

La stazione eretta comporta cambiamenti: guarda l'angolo del femore rispetto alla verticale.  Nell'uomo è più accentuato


Confronto tra gli scheletri

Posizione del foro occipitale


Capacità cranica: 1. Chimpanzee 2. Australopithecine 3. Homo erectus 4. Neanderthal 5. Cro-Magnon

Antenati e capacità craniche
Differenze anatomiche


Oggi assistiamo ad una revisione radicale dell’evoluzione umana.
L’albero genealogico che collega l’Homo sapiens con l’antenato comune fra noi e gli scimpanzé è composto da circa venti specie differenti. Due milioni di anni fa troviamo in Africa le australopitecine gracili, le prime forme del genere Homo e i parantropi robusti, mentre 50 mila anni fa, in Africa ed Eurasia convivono ben cinque forme umane contemporaneamente.

C’erano almeno altre quattro specie insieme a noi: il Neanderthal, il Floresiensis, l' Homo Erectus e l' Homo di Denisova (Siberia). Non siamo (quasi) mai stati soli! 

Le variazioni climatiche e i fattori ecologici hanno giocato un ruolo chiave nell’evoluzione umana. A partire da circa 10 milioni di anni fa la formazione di una barriera geologica lunga seimila chilometri, la Great Rift Valley, portò alla sostituzione della foresta pluviale con praterie e savane.

Qui cominciò la nostra carriera di bipedi. Gli scimpanzé percorrono anche lunghi tratti sugli arti inferiori, quando devono trasportare cibo e oggetti, ma le ragioni adattative iniziali della bipedia andarono oltre il vantaggio offerto dalla liberazione delle mani. La stazione eretta - difficile da apprendere per i cuccioli - comporta infatti una riorganizzazione di tutta l’anatomia, con alcuni svantaggi: siamo più instabili, i nostri organi vitali sono più esposti, il canale del parto nelle femmine è più stretto. L’ernia del disco e il mal di schiena ci ricordano che la stazione retta ci crea qualche difficoltà.

Dobbiamo dunque supporre che la selezione naturale abbia favorito tale cambiamento a causa di un suo vantaggio sostanziale e immediato. Se siete scimmie antropomorfe africane obbligate a sempre più frequenti spostamenti in radure aperte e infuocate, ridurre la superficie corporea esposta al sole può essere un’ottima idea, qui e ora, così come ergersi in allerta sopra le distese erbose (noi allora eravamo prede, e non predatori).

Due milioni di anni fa i primi rappresentanti del genere Homo, partiti da una vallata del Corno d’Africa, si affacciano in Medio Oriente e poi si diramano fino al Pacifico da una parte e all’Europa occidentale dall’altra.
Ottomila generazioni fa (circa 200 mila anni fa) compaiono i primi Homo sapiens in Africa subsahariana. È una popolazione con novità anatomiche importanti (vedi la capacità cranica), e il prolungamento delle fasi di crescita, che durano di più che in tutte le altre forme di Homo (ha influito sull’espansione e sulla riorganizzazione del cervello, sull’apprendimento, sull’organizzazione sociale e sul linguaggio). Siamo la specie ominina che resta immatura e giovane più a lungo.

Le espansioni di Homo sapiens hanno lasciato una traccia. I quasi sette miliardi di esseri umani che abitano oggi il pianeta presentano una variazione genetica molto ridotta e proporzionalmente più bassa mano a mano che ci si allontana geograficamente dal continente africano. Questo dato suggerisce che l’intera popolazione umana sia discesa da un piccolo gruppo iniziale, che conteneva gli antenati di tutti noi e che si stima non superasse le poche migliaia di individui. Poi questa popolazione originaria è cresciuta e si è diffusa, con nuovi gruppi fondatori di piccole dimensioni, i quali a partire da 60-50 mila anni fa hanno rapidamente colonizzato prima il Vecchio Mondo e poi per la prima volta anche l’Australia e le Americhe.

All’arrivo dei primi Homo sapiens, l’Eurasia era già abitata da altre specie umane, derivanti dalle precedenti ondate di espansione, come Homo neanderthalensis (estinto a Gibilterra intorno a 28 mila anni fa). Siamo insomma una specie africana geneticamente omogenea e giovane, che fino a poche migliaia di anni fa ha convissuto con altre forme umane. Intorno a 70-75 mila anni fa ci fu un disastro ecologico globale di natura climatica, che provocò riduzione della popolazione, al limite della scomparsa. Dai pochi sopravvissuti la specie ripartì.

Perché siamo rimasti l’unica forma umana sul pianeta? Che fine hanno fatto tutti gli altri? Li abbiamo estinti noi o sono stati altri eventi climatici come siccità e glaciazioni?


Infine due parole sul concetto di razza.
Il concetto di razza è ormai decisamente superato.
Come sostiene Cavalli Sforza:

"I gruppi che formano la popolazione umana non sono nettamente separati, ma costituiscono un continuum. ... le differenze tra singoli individui sono più importanti di quelle che si vedono fra gruppi razziali."

"Razzismo significa attribuire, senza alcun fondamento, caratteristiche ereditarie di personalità o comportamento a individui con un particolare aspetto fisico. Chiamiamo razzista chi crede che l’attribuzione di caratteristiche di superiorità o inferiorità a individui con un determinato aspetto somatico abbia una sua spiegazione biologica".

"La parola razza stava a significare un sottogruppo di una specie distinguibile da altri sottogruppi della stessa specie. Ma la distinguibilità [...] è inapplicabile nella specie umana perché qualunque sottogruppo, anche un villaggio, è in media distinguibile da un altro, almeno in teoria, senza che ne derivi una gerarchia chiara che permetta di distinguerli. Le migrazioni frequentissime hanno creato una continuità [genetica] quasi perfetta. Anche gli zoologi stanno rinunciando a usare il concetto di razza, perché troppo impreciso. Usiamo invece il concetto di popolazione, che non è biologico, ma statistico: è un gruppo di individui che occupa un'area precisa, qualunque essa sia."


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