sabato 19 marzo 2016

3A - Cariche, lampadine e circuiti 2

Con Tecnica si stanno costruendo i circuiti elettrici con pile e lampadine a filamento. Vediamo, prima di studiare le grandezze fisiche in gioco, di capire cosa sono gli elementi del circuito.

La lampadina a filamento è una delle più importanti invenzioni della storia.
Fu brevettata da Thomas A. Edison nel 1879 (oggi per questioni di efficienza energetica sta andando in pensione). Una lampadina è costituita da un tratto di materiale conduttore (un filamento). Il materiale del filamento diventerà incandescente quando attraversato dalla corrente.
Il principio chiave che la lampadina sfrutta per funzionare è l’effetto Joule (o effetto termico della corrente), che prende il nome dallo scienziato inglese James Prescott Joule.
Una resistenza R, attraversato da una corrente di intensità i sviluppa una potenza P data dalla formula:
P = i^2 R.
L’energia elettrica si trasforma in altri tipi di energia: in particolare, nel caso della lampadina, in calore che innalza la temperatura del filamento. Osserva che se il filamento incandescente fosse in contatto con l’aria, reagirebbe con l’ossigeno presente in essa, iniziando a bruciare e distruggendo il circuito che costituisce la lampadina. Il filamento viene quindi posto nel vuoto(o in un gas inerte non in grado cioè di reagire con il combustibile): difatti, le lampadine sono circondate da dei bulbi di vetro all’interno dei quali è stato fatto il vuoto. Una lampadina può così durare per centinaia di ore, senza che il suo filamento si spezzi.
Schema di una lampada a incandescenza: 1) Bulbo di vetro 2) Gas inerte 3) Filamento di tungsteno 4) Filo di andata 5) Filo di ritorno 6) Supporto del filamento 7) Supporto della lampada 8) Contatto con la base 9) Base a vite 10) Isolante 11) Contatto sulla base 
(immagine da Wikipedia, pubblico dominio https://it.wikipedia.org/wiki/Lampada_a_incandescenza#/media/File:Incandescent_light_bulb.svg )

L’invenzione della pila elettrica è dovuta allo scienziato italiano Alessandro Volta, che ne costruì il primo esemplare nel 1799. Il suo nome è dovuto alla forma della prima pila: una serie di dischi di materiali conduttori (rame e zinco) inframmezzati da feltri imbevuti di semplice acqua salata, e impilati l’uno sopra l’altro. Il rame si troverà a un potenziale elettrico più alto dell’alluminio, dando luogo a una cella elettrochimica (impilando tante celle si ottiene quella che appunto venne chiamata "pila"). Se i due metalli vengono quindi messi in contatto attraverso un filo conduttore si genera una corrente elettrica.



Ma come la pila produce una corrente? Cerchiamo di capirlo con un modello idraulico.

Lo studio di un circuito elettrico, ovvero delle proprietà relative alla corrente elettrica che vi fluisce ed ai componenti del circuito (conduttori, resistenze, interruttori, generatori etc.) può essere paragonato, con le dovute differenze, allo studio di un circuito idraulico, cioè al flusso di un fluido attraverso condutture.
Consideriamo due serbatoi contenenti un liquido collegati tramite un tubo (vedi figura 1).
Figura 1
Così come la differenza di livello tra due liquidi è in grado di creare una corrente del liquido, cioè un passaggio dal serbatoio di sinistra a quello di destra, è necessaria una differenza di potenziale elettrico per far muovere le cariche.

La quantità di acqua che passa nel tubo nell’unità di tempo viene chiamata portata. In modo analogo si definisce intensità di corrente elettrica la quantità di cariche elettriche che transitano nella sezione di un conduttore nella unità di tempo, ovvero i = Q x t.

Figura 2
Figura 3
La differenza di livello esistente fra i due serbatoi  genera una flusso del liquido quando li colleghiamo con una conduttura. Questo flusso tende ad annullare nel tempo il dislivello iniziale, finché il liquido non scorre più raggiunte le condizioni di equilibrio (dislivello nullo, vedi figura 2).  Per mantenere la corrente del liquido, occorre che sia ripristinato il dislivello, compito svolto da una pompa idraulica (vedi figura 3). In modo simile, la differenza di potenziale elettrico (o tensione) genera una corrente elettrica. Man mano che fluisce, la corrente tende ad annullare la differenza di potenziale iniziale, a meno che non intervenga un componente con compito analogo a quello della pompa idraulica.

Tale compito è svolto da un generatore di tensione elettrico, un dispositivo che consente di mantenere ai suoi capi una differenza di potenziale costante e quindi un flusso di corrente all’interno del circuito.

La resistenza idraulica indica la difficoltà che incontra il liquido al suo passaggio nella tubazione, ad esempio dovuta ad una strozzatura. Questa resistenza idraulica può dipendere da differenti fattori: viscosità del liquido, curve nelle tubazioni, altri ostacoli presenti nelle condutture. Nel caso elettrico, la resistenza rappresenta, in modo analogo al caso idraulico, l'ostacolo che la corrente incontra al suo passaggio nel conduttore.

Gli elettroni, infatti, non scorrono del tutto liberamente nei conduttori ma incontrano una certa resistenza. Questa resistenza elettrica dipende dal tipo di materiale di cui è fatto il conduttore (gli elettroni sono particelle dotate di carica elettrica, che si muovono in uno spazio che contiene altre particelle dotate di carica elettrica con cui interagiscono più o meno fortemente secondo la natura del conduttore) e dipende inoltre dalla geometria del conduttore (la sua sezione: cavi sottili hanno una resistenza maggiore di cavi grossi; la sua lunghezza: cavi lunghi hanno una resistenza maggiore di cavi corti). Il simbolo della resistenza elettrica è R e la sua unità di misura è l'Ohm (Ω).

Ecco un circuito semplice:
Il circuito semplice: batteria, resistenza, fili conduttori
La resistenza R rappresenta l'utilizzatore (nel nostro caso una piccola lampadina), la batteria è indicata con V (tensione o voltaggio o differenza di potenziale, misurata in volt - simbolo V), la corrente è indicata con I (intensità di corrente, misurata in ampere A). Abbiamo omesso l'interruttore.

Circuito semplice: la resistenza R è qui rappresentata dalla lampadina; la corrente I dagli elettroni (nel disegno uno di essi, che chiamiamo il signor Coulomb: riempie il suo sacco dell'energia nella pila, e  cede quest'energia alla lampadina)

Il circuito del disegno è chiuso, cioè in esso circola corrente. Cosa accade in un circuito? Le cariche (rappresentate dal signor Coulomb) si riforniscono di energia elettrica nella batteria (fintanto che questa è carica), l'energia viene ceduta e trasformata in luce e calore nella lampadina. Poi la singola carica elettrica - il nostro signor Coulomb - ritorna alla batteria per un nuovo rifornimento: la carica non varia (si conserva), l'energia viene trasformata.

Da dove arriva la corrente che usiamo a casa e a scuola? Non da una pila, ma dalla centrale!



Nel Sistema Internazionale SI, la carica elettrica si misura in coulomb (simbolo C), e la corrente elettrica in Ampère (simbolo A). Nei circuiti elettrici vale la legge di Ohm, che mette in relazione le tre grandezze elettriche fondamentali: l'intensità di corrente elettrica, la tensione e la resistenza.
La studieremo la prossima volta.

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