martedì 26 febbraio 2019

3A - Chi siamo e da dove veniamo

Mercoledì 20/02 abbiamo fatto lezione alla Sala 9 del Museo di Storia Naturale.
Questa esposizione è dedicata all'origine e all'evoluzione dell'uomo
Per evoluzione umana si intende il processo di origine ed evoluzione dell'Homo sapiens.
Alla sua comprensione hanno contribuito molte scienze differenti: fisiologia, anatomia comparata, archeologia, geologia, linguistica, genetica...
Si pensa che, circa 5-6 milioni di anni fa, ci siamo evoluti nel Rift africano da un progenitore comune  tra lo e lo scimpanzé, e che 2,3-2,4 milioni di anni fa, dal genere Australopithecus si sia differenziato il genere Homo.



Homo erectus si è poi diffuso in tutto il mondo fra 1,8 e 1,3 milioni di anni fa, creando anche specie locali come l'Uomo di Neandertal in Europa. Un'ipotesi alternativa è che Homo erectus, lasciata l'Africa 2.000.000 di anni fa, si sia evoluto in Homo sapiens in diverse parti del mondo (Ipotesi multiregionale).

La visita al Museo si apre con un'introduzione all'ordine dei primati cui apparteniamo.
Le vetrine successive illustrano l'evoluzione dell'uomo con lo sviluppo delle facoltà cerebrali e il contemporaneo aumento delle dimensioni del cranio, l'acquisizione della postura eretta e l'aumento delle capacità di manipolazione degli oggetti. Una trattazione delle tappe fondamentali dell'evoluzione illustra le diverse specie finora trovate.
Uno degli esemplari di maggior pregio è il calco dello scheletro di Australopithecus afarensis, noto al pubblico con il nome confidenziale di Lucy. 

A sinistra, Lucy, a destra H. sapiens

Noi e il gorilla

Come si fa a capire che Lucy camminava eretta?
Si osserva l'inclinazione del femore: quella di Lucy è come la nostra.

Cosa mangiava Lucy? Da cosa si può capire?

 
L’antropologo Peter Ungar ha condotto uno studio sui denti degli australopiteci che rivela dettagli interessanti sulla loro dieta.  Lucy mostra denti con smalto ispessito e appiattito, per cui mangiava anche cibi duri o abrasivi come noci, semi e tuberi oltre a erbe e foglie.

Lucy camminava eretta: andatura bipede, rapporti familiari e amore

La stazione eretta non è affatto una posizione naturale. Essa è una sfida alle leggi della gravità perché eleva il baricentro del corpo e lo colloca in una posizione di perenne instabilità. Richiede una notevole spesa energetica per la ricerca continua della posizione di equilibrio. Implica anche una serie di rischi come ad esempio l'immobilità, o quasi, in caso di ferite o di fratture di un arto e una serie di disturbi, anche gravi, come lo schiacciamento delle vertebre, le sciatiche, le vene varicose, ecc.
E allora quali sarebbero stati i benefici derivanti da questa mutazione in grado di compensare questi inconvenienti?

Il vero beneficio sarebbe rappresentato dalla possibilità di utilizzare gli arti superiori come strumenti di presa e di trasporto di oggetti di varia natura e nello stesso tempo di acquisire, grazie alla maggiore altezza, un migliore controllo del territorio.

Si sa che gli organismi viventi hanno tanto più successo, nella lotta per la sopravvivenza, quanto più sono in grado di lasciare una discendenza: non produrre gran numero di figli, ma far in modo che ne rimanga in vita il maggior numero possibile di quelli nati e per il tempo necessario perché sia prodotta a sua volta altra prole.

Ebbene nella nostra specie, a differenza di tutti gli altri mammiferi, e quindi anche delle scimmie, la femmina non ha l'estro (con questo termine si indica quel periodo di fecondità in cui gli animali manifestano, attraverso segni esteriori evidenti, un desiderio irrefrenabile all'accoppiamento).
L'estro è una garanzia di prolificità.

Ma nell'uomo non è così: esso, come tutti sanno, può avere rapporti sessuali senza che questi portino necessariamente alla nascita di un figlio.
Che cosa c'entra tutto ciò con la posizione eretta?

Immaginiamo che fra gli Ominidi che abitavano la foresta alcuni acquisirono la posizione eretta attraverso una mutazione, dopo che furono costretti a discendere dagli alberi indotti dai cambiamenti climatici. In questi individui, appena scesi a terra, la stazione eretta era presumibilmente molto malsicura, ma andò lentamente migliorando. A questa evoluzione contribuirono alcune mutazioni fra cui la comparsa di un individuo (femmina) privo dell'estro.

La prima femmina senza l'estro non avrebbe dunque richiamato l'attenzione del maschio dominante, quello che, all'interno del gruppo, feconda tutte le femmine. 
Il fatto di non possedere l'estro dovrebbe rappresentare uno svantaggio evolutivo.

Immaginiamo allora che all'interno di un gruppo di pre-Ominidi che abitavano la foresta e che vivevano sugli alberi, ma che erano anche in grado di camminare al suolo in posizione eretta (o quasi), sia comparsa una femmina senza l'estro. Questa femmina avrebbe potuto accoppiarsi con un giovane del gruppo senza incontrare ostacoli da parte del maschio dominante in quanto quest'ultimo non si sarebbe accorto di lei proprio perché priva dell’estro e dei suoi evidenti segnali. Da questi rapporti, apparentemente sterili, sarebbe potuta nascere una discendenza, e quindi altre femmine di quel tipo, cioè senza l'estro. Notare che questa situazione corrisponde ad una disponibilità sessuale continua da parte della femmina e non limitata a certi periodi come con l’estro.

Una femmina però che si fosse trovata sola a provvedere all'allevamento del piccolo, avrebbe incontrato enormi difficoltà e forse non ce l'avrebbe fatta a far sopravvivere il figlio e sé stessa.Negli animali che vivono in comunità, tutti i componenti del gruppo erano chiamati a collaborare per l'interesse comune. A causa della situazione che si era venuta a creare dovette svilupparsi un nuovo tipo di rapporto fra i singoli componenti del gruppo; si dovette cioè instaurare, fra individui di sesso diverso, un legame personalizzato, di tipo monogamo, in cui il maschio, compensato dalla disponibilità sessuale continua, si sarebbe legato ad un'unica femmina, e precisamente a quella dalla quale aveva avuto il figlio. Forse in questo modo è nato quello che chiamiamo amore, cioè un rapporto di coppia stabile fondato su attrazioni di tipo diverso da quei comportamenti stereotipati riscontrabili negli animali che conducono vita comunitaria.

In questa particolare situazione la stazione eretta sarebbe stata di grande utilità perché avrebbe consentito di tenere in braccio i cuccioli. La liberazione delle mani dalla schiavitù della locomozione avrebbe consentito inoltre il trasporto del cibo e pertanto il bipedismo e la stazione eretta si sarebbero rivelati, alla fine, un vantaggio nella lotta per l'esistenza, perché avrebbero consentito il perfezionamento delle cure parentali e quindi in definitiva una migliore garanzia di sopravvivenza.
In conclusione, anche l’amore ha una storia “evolutiva”.

Il grande balzo in avanti di Homo sapiens

All’incirca 40mila anni fa si registrano alcune trasformazioni dell’apparato che permette l’emissione di suoni – cioè l’abbassamento della faringe e un diverso posizionamento della laringe.
Queste novità anatomiche compaiono in un ominide che aveva già acquisito la stazione eretta. L’uso delle mani e lo sviluppo di un apparato capace di produrre una più vasta gamma di suoni sono gli strumenti con cui i nostri antenati svilupperanno le straordinarie capacità che cambieranno il corso dell’esistenza della nostra specie.

I paleoantropologi parlano di un grande balzo in avanti di Homo sapiens in termini di comparsa di capacità cognitive nuove e non confrontabili rispetto a quelle degli altri Primati: nascono la diversità culturale e linguistica, l'arte, le pratiche di sepoltura.

L’Homo sapiens possedeva il corredo anatomico, neurale e comportamentale necessario già centomila anni prima: perché ha aspettato tanto? Perché l’avvicinamento alla produzione simbolica, all’arte, alla spiritualità e alla diversità culturale non è stato graduale? Perché questa discontinuità? Non c’è stata la comparsa di strutture che non fossero già presenti nelle scimmie antropomorfe: è stata solo una questione di organizzazione e di connessione fra le parti.

Oggi molti scienziati ipotizzano che intelligenza simbolica sarebbe connessa all’emergenza del linguaggio articolato.
Quest’ultimo sarebbe scaturito dall’abbassamento della laringe, che comporta la modificazione del suono proveniente dalle corde vocali. È una trasformazione anatomica molto rischiosa per una specie, perché la discesa della laringe impedisce all’animale di deglutire e di respirare allo stesso tempo, esponendolo al rischio continuo di soffocamento.
Nessun mammifero eccetto Homo sapiens ha adottato questa modificazione e anche i cuccioli umani, fino all’età di due anni, rimangono con la laringe alta per poter succhiare il latte e respirare contemporaneamente: entrambi non possiedono l’apparato necessario per il linguaggio articolato. Il linguaggio articolato comporta rischio: per avere i suoi vantaggi si deve correre il pericolo del soffocamento ( il video sulla deglutizione è qui).

Alla nascita la laringe del neonato è in posizione alta, all’altezza di C1-C2. Questo comporta la separazione fra respirazione e deglutizione: ciò permette al neonato di respirare e poppare contemporaneamente.
Più avanti la laringe discende fino ad estendersi da C3 a C7. Si sviluppano attività riflesse volte a proteggere le vie respiratorie inferiori al passaggio del bolo o di altre sostanze che transitano in faringe. La laringe acquisisce specializzazioni nelle funzioni respiratoria e fonatoria, con importanti implicazioni riflesse durante la deglutizione.





Australopiteci in 3A

  
  

  



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